"Ma gli abbracci?" Cosa sta succedendo alle relazioni interpersonali tra adolescenti? Scritto da Giorgio Sereni, studente della classe 3E, a.s. 2020/21, Pisa


Questo è il titolo della conferenza che io e i miei compagni della classe 3E, abbiamo seguito  il 4 maggio 2021, sollecitati dalla nostra insegnante di storia Agata Concetta Mirabella, ed organizzata dalla Consulta Provinciale delle Studentesse e degli Studenti di Pisa,  in collaborazione con l’Associazione “PREPOS – prevenire è possibile”.

L'evento online,  presentato da  Iole Meani, organo rappresentativo degli studenti, ha avuto inizio con l’intervento della dottoressa Emilia Scotto, esperta psicologa e membro dell'associazione PREPOS, Prevenire è possibile, la quale ha introdotto il tema degli abbracci mancati, nel periodo di pandemia che stiamo attraversando, e che ha colpito in particolar modo gli adolescenti, infatti, l’incontro è stato organizzato appositamente per capire come siano cambiate le relazioni sociali  tra gli adolescenti durante la pandemia e quali danni sono stati causati.

Dopo aver mostrato una foto che illustra il primo incontro, dopo l'isolamento, tra un ragazzo e probabilmente la nonna, l’immagine commovente ha voluto ritrarre l’affetto, il calore tra due persone e ciò dimostra come il contatto umano sia essenziale per la felicità e,  ancor di più,  come gli  abbracci siano una componente importante per gli esseri umani.  Durante la pandemia è mancato proprio questo  “il contatto umano”: questa privazione è stata sofferta da tutti e ha provocato uno stato di solitudine, così  cupa, mai riscontrata prima. 

“E’ proprio vero! Abbiamo trascorso un anno senza abbracci!  Questo non era mai accaduto prima d’ora!”, 

sembra un’osservazione banale,  ma gli studi a livello neurobiologico dimostrano quanto il  contatto umano sia necessario per vivere felici e appagati. 

Pensate! un semplice abbraccio produce una molecola, l'Ossitocina, una sostanza che troviamo in circolo subito dopo il parto fra madre e figlio,  essenziale per la memoria sociale, ossia per il riconoscimento sociale”. 

Le prime sensazioni dell’Ossitocina si hanno nella pelle, dove si trovano i “corpuscoli di Meissner”, recettori che stimolano le nostre percezioni, per cui sentiamo quanto muta la temperatura, riusciamo a distinguere la diversa superficie degli oggetti, percepiamo una sensazione di benessere  quando riceviamo delle carezze o dei pizzicotti. 

Nel caso di un abbraccio o di un bacio, lo stimolo viene inviato nel nucleo profondo del cervello, dove si sviluppano e si creano le connessioni con le parti emozionali, in seguito dalle profondità del nucleo, l’Ossitocina viene rilasciata dall’ipofisi diffondendosi in tutto il corpo. L’Ossitocina, una volta liberata, rilascia una sensazione di serenità. Per cui, più ci abbracciamo,  più produciamo neuropeptide, quindi abbiamo un maggiore benessere fisico e psichico. 

Gli abbracci fanno parte del linguaggio non verbale che molto spesso suscitano maggiori emozioni e hanno un valore più profondo di tante parole, in quanto l’abbraccio consola, conforta, aiuta ad affrontare meglio il dolore; Tutto ciò,  che con il periodo pandemico è venuto a mancare! 

Per cui l’associazione Prepos, ha coinvolto noi adolescenti in questa attività, chiedendoci  cosa fosse mancato maggiormente nel periodo di lockdown, e cosa, invece,  ci sia stato di buono durante l’isolamento. 

Alla prima domanda l’84% dei partecipanti,  ha risposto che la mancanza di divertimento e lo stare insieme agli amici, sono state le cose che son venute maggiormente a mancare, a seguire al 78% son mancati i viaggi, al 77% la libertà di incontrarsi con chi si vuole e il poter decidere all’ultimo momento “il da fare”;  infine al 74% è mancato, il vivere le dinamiche di gruppo, ridere, scherzare e capirsi al volo. 

Quindi dal sondaggio  è emerso come l’emozione più scelta e quindi la più vissuta sia stata “il bisogno di stare con gli altri”; la seconda emozione percepita, invece è stata il distacco dagli altri; e poi purtroppo, in altri adolescenti ha provocato stati di rabbia, quiete e vergogna. 

Dal sondaggio sono emersi, però, anche degli atteggiamenti positivi in seguito al lockdown... 

Ad esempio alcuni hanno vissuto il periodo di solitudine come l’occasione per  riconoscere le vere relazioni interpersonali. Infatti, il vuoto lasciato dall’assenza degli altri,  ha permesso di riflettere sulle relazioni veramente importanti. Inoltre, l’essere costretti a rimanere chiusi in casa, ha permesso di avere del tempo a disposizione per curare la propria interiorità, ovvero la parte più intima del sé. 


Il quesito che i professionisti della Conferenza ci hanno proposto, è come poter soddisfare questo bisogno di vicinanza affettiva al permanere delle condizioni di distanziamento sociale. Tale problema può trovare parziale soluzione attraverso il potenziamento delle nostre capacità empatiche (una vicinanza affettiva, fiduciosa ed accogliente): 

"Se non possiamo abbracciarci fisicamente proviamo ad incrementare la nostra capacità di abbracciarsi interiormente”. 

Gli studi hanno dimostrato come l’empatia, alla pari degli abbracci, sia legata allo sviluppo dell’Ossitocina. “Ebbene! A quanto pare l’Ossitocina non si sviluppa soltanto con gli abbracci, ma anche con l’empatia!” Per cui imparando ad essere empatici il nostro benessere psicologico aumenta. 

Sembra facile! Ma come  si diventa empatici?”  

La parola empatia è stata coniata da Edith Stein, filosofa tedesca che propose il concetto di “Einfuhlung” ovvero, “lo sforzo di avvertire le impressioni dell’altro”. Questo termine sta a indicare lo sforzo intenzionale a percepire lo stato emotivo proprio e degli altri. Successivamente gli studi sull’empatia hanno portato il neuroscienziato Giacomo Rizzolatti, a scoprire i neuroni specchio ovvero quelle strutture neuronali che si attivano quando veniamo in contatto con  l’emozione dell’altro. Da qui la proposta da parte dei professionisti della conferenza, di adoperare l’empatia, come luogo dell’abbraccio emozionale, quindi come strumento di prevenzione per i disagi legati al mancato contatto sociale. 

L’empatia logicamente non si può considerare un sostituto agli abbracci e ai baci,  ma un supporto per affrontare meglio questa assenza, che causa malessere sia fisico che psicologico. 

Il suggerimento è quindi di incrementare, nelle relazioni future,  questa capacità di vivere dentro l’emozione dell’altro in modo consapevole ed intenzionale. 

Da qui in poi l’attività conclusiva è stata esposta dalla seconda relatrice, la dott.ssa Emilia Scotto, la quale ci ha parlato delle relazioni post-pandemia, attraverso una riflessione su come la mancanza del contatto affettivo, venga espressa in modo diverso dalle persone: alcuni la verbalizzano direttamente agli altri; altri la elaborano interiormente e altri ancora la esteriorizzano in modo aggressivo; importante a tale proposito risultano i gruppi di incontro,  che hanno la  funzione di farci conoscere meglio noi stessi e gli altri, partendo proprio dall’identificazione delle proprie ed altrui emozioni. 

Il gruppo di incontro come in ogni contesto, però, ha delle regole da rispettare: 

1. il conduttore del gruppo è come il portiere della squadra di calcio, ovvero deve avere una buona capacità relazionale e riesce a  tenere attivo e unito il gruppo soprattutto nei momenti di difficoltà; 

2. la cornice è il senso del gruppo, ad esempio nel setting del gruppo, favorire un buon contatto visivo tra ogni membro; 

3. il silenzio è determinate, saper reggere momenti di silenzio e usarlo come strumento per ascoltare i propri pensieri interiori;

 4. mettersi in gioco e raccontare la propria vita,  questo implica saper ascoltare gli altri e memorizzare il vissuto dei compagni del gruppo; 

5. dare spazio all’evento dell’incontro, in cui ognuno ha lo stesso ruolo paritario; 6. ascolto empatico, ovvero quando percepiamo l’emozione dell’altro, la viviamo come emozione meno intensa rispetto a quella vissuta dall’altra persona ma uguale dal punto di vista del tipo di emozione; 

7. clima rarefatto; il senso del limite, ovvero non siamo tenuti ad avere tutte le risposte, i gruppi di incontro sono dei luoghi dove siamo tenuti a dare a tutti la possibilità di fare domande; 

8. i tempi di dialogo dovrebbero durar circa un’ora;

 9. i gruppi ideali  son quelli formati da un max di 15 persone; 

10. lo scopo del gruppo è creare altri gruppi o relazione.

L’attività è stata molto interessante e sicuramente è servita a me e a noi adolescenti, in quanto ci ha suggerito di circondarci di persone che ci diano coraggio e ci facciano sentire importanti. Non dobbiamo abbatterci, ma il  nostro compito è quello di riconoscere e accettare i nostri punti di forza e di debolezza, come strategia per affrontare le difficoltà della vita. 

Quanto più riusciamo a stare bene con noi stessi, tanto più riusciremo a stare bene con gli altri, per fare questo dobbiamo cercare di superare la paura, cercando di oggettivarla, dandole un nome, un colore, una forma e delle dimensioni, solo in tal modo potremmo sconfiggere il blocco che essa genera, per poterla  affrontare e superare. 

Scritto da Giorgio Sereni, studente della classe 3E, a.s. 2020/21, Pisa


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