"Bandiera dei talebani in classe", scritto dall'allieva Ortensia Gaeta, classe 5 D, Architettura e Ambiente, Pisa | CRONACARTISTICA
Una mattina, mentre mi trovavo in classe, ho notato, attaccata ad una gamba di un banco, una bandiera dei talebani disegnata a mano. La mia reazione è stata di immediato disagio e indignazione. Ho cercato di capire se fosse possibile ricollegare -e quindi giustificare- ciò che avevo appena visto a un progetto realizzato da qualche classe precedente, ma così non sembrava.
Girando per l’aula ne ho trovati altre due: una su un banco a qualche fila di distanza e un'altra attaccata al muro. Non c’era nulla che potesse contestualizzare l’affissione di quel simbolo.
Non accuso l’autore del gesto, non conoscendone le motivazioni. Si tratta piuttosto di un’interrogazione sul significato di certi atti, specialmente quando avvengono a scuola.
Il significato dietro al simbolo
La bandiera in questione è simbolo dei talebani, un gruppo islamista estremista nato negli anni ‘90 in Afghanistan. Il regime talebano è oppressivo e violento, una completa negazione dei diritti umani, soprattutto per le donne. Queste ultime hanno l’obbligo di velare completamente il proprio corpo in pubblico, attraverso l’uso del burqa. Non possono viaggiare da sole, ma devono essere sempre accompagnate da un familiare di sesso maschile. Non hanno il diritto allo studio superati i 12 anni. La voce femminile non può essere ascoltata in pubblico, non possono parlare, esattamente come non hanno possibilità di ribellarsi. Chiunque provi ad organizzare manifestazioni per rivendicare i propri diritti viene arrestata e torturata.
La bandiera talebana non è “neutrale” o etnica: è il simbolo politico di un’ideologia violenta.
Perché a scuola è pericolosa?
La scuola è uno spazio educativo, e simboli che evocano l’oppressione non possono essere accettati. Rappresentare “casualmente” una bandiera carica di significato è una silenziosa forma di normalizzazione. Quella bandiera rappresenta un esempio di ciò che a scuola non deve esserci, di ciò che non rappresenta, si oppone alla sua stessa istituzione.
Probabilmente l’intento dietro non era animato da cattiveria, ma senza contestualizzazione assume un peso non indifferente, che in classe non può e non deve manifestarsi. Perché la scuola -come sostiene particolarmente la nostra- dovrebbe essere simbolo di inclusione, luogo per tutti. E allora per quale ragione si carica di simboli pesanti? Perlopiù rischiando di ferire chi ha vissuto esperienze di discriminazione e violenza.
Libertà e responsabilità
Non è una questione di censura: è giusto parlare dei talebani, ma deve avvenire in maniera critica e consapevole. L’esposizione di un simbolo carico di significato, senza alcun contesto, non è libertà, ma pericolosa superficialità.
Permettere a tutti di esprimersi è necessario per creare un ambiente aperto, che deve avere il rispetto come fondamento di base. Per avere dei diritti è necessario riconoscere anche dei doveri: non può esserci libertà se non accompagnata da responsabilità.
Il ruolo della scuola
Il mio scopo non è offendere chi ha disegnato la bandiera, ma quello di sottolineare il potere della scuola. Questa deve essere il mezzo che guida e accompagna, luogo di riflessione sul valore di simboli, scelte, azioni e conseguenze.
La scuola è il ponte che materializza le volontà, le deve arricchire, le deve perfezionare, le deve rendere funzionali. Ha una capacità enorme che però deve essere gestita.
Non ha il fine di tollerare, ma il dovere di educare. Il dovere di trasmettere il peso storico e umano di ciò che si espone, soprattutto se può confondere o ferire. La scuola è un luogo di pensiero critico, di responsabilità e di crescita per tutti. Questi episodi dovrebbero alimentare informazione e riflessione arginando ignoranza e superficialità.
“Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo”. Malala Yousafzai
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