Intervista a Marie-Joseph Paul Yves Roch Gilbert du Motier, Marchese di La Fayette - (seconda parte) | RACCONTI



Ci sono voluti anni prima di arrivare finalmente a questo giorno, ma finalmente eccoci qui, nel passato. La tecnologia è davvero uno strumento incredibile. Se vogliamo ricavare informazioni su quanto accaduto nei secoli scorsi, bisogna trovare le persone giuste alle quali fare le domande giuste… nel momento giusto. È un'ardua impresa, lo so bene, ed è proprio per questo motivo la Commissione mi ha specificato data e luogo dell'incontro con il mio prossimo soggetto. Chi siamo noi, vi starete chiedendo. 
Miei cari lettori, la questione è difficile, estremamente difficile: posso solo raccontarvi di questa mia missione alla ricerca delle vere cause che scaturirono due delle rivoluzioni più iconiche degli ultimi secoli.



Diario di bordo, 8 Febbraio 1792 

r- "E poi mi dica, cos'altro avrei dovuto fare? Io e la mia fazione volevamo proporre un accordo che avrebbe riunito il popolo, borghesi, contadini e nobili per calmare le acque della Senna. Cosa pensi che potrebbe succedere se tutta la famiglia reale venisse sterminata?" 

"Sarebbe sicuramente da perderci la testa…" cerco di trattenere una risata, ma il mio compare non sembra affatto turbato da mio tale atteggiamento. 

"Già, sicuramente.

Mi risponde con scherno. È meglio farsi una risata su questo argomento

r- "Le altre due fazioni rimaste, repubblicani e democratici… non sembravano basarsi su principi stabili."

Nel suo tono posso scorgere un velo di preoccupazione, ma una leggera risata mi coglie di sorpresa in questo momento. 

r- "E invece guardi un po': dopo aver proposto una carta a favore di tale Monarchia Costituzionale al Re, che in una sola decade di giorni è stata firmata, la fazione repubblicana Giacobina è andata ad opporsi a Campo di Marte… che idioti."

"Sono loro ad avervi lasciato questo nell'occhio nero?" chiedo cercando di suonare il più delicato possibile nonostante questa situazione sia degna di un piccolo show comico. 

r- "Beh sì, quelli rimasti almeno" abbozza una risata sul suo volto; "In un atto di stoica determinazione, ho dovuto mandare un esercito a farne strage di quei repubblicani: la situazione stava degenerando, la Costituzione era in pericolo."

Rimango sconvolto. Che sfrontatezza e sicurezza nel raccontare un tale massacro con il sorriso sul volto ad un mero giornalista di passaggio! 

Cerco di nascondere tale perplessità al mio interlocutore, non mi piace proprio quel sorriso che continua a tirare il suo volto. Nonostante i numerosi giacobini che lo inseguono in giro per i vicoli parigini con l'ovvia intenzione di buttarlo in galera, egli si azzarda ancora a sorridere davanti alle sue sanguinose azioni; di certo ha tutta la stoffa per essere un politico e un generale. 

d- "Può dirmi da cosa deriva tanta instabilità nel governo e nel popolo francese?" Un altro sospiro lascia il mio pensieroso amico, una mano a reggere la sua stessa fronte. 

"Tu la potrai pur chiamare instabilità, mio caro compare, ma tutto questo era assolutamente necessario, un cambiamento doveva avvenire. Sono anni che il popolo soffre la fame e la carestia dovuta alle insulse guerre, costose spedizioni e agli insensati tributi che si dovevano offrire alla Corona; coloro che si davano un gran da fare avevano l'obbligo di provvedere a tutti gli effimeri svaghi di persone che nemmeno contribuivano al benessere popolare. L'antico regime doveva cadere. Per le strade c'erano mendicanti e bambini che a malapena potevano rosicare un pezzo di pane, mentre quei dannati dei nobili continuavano a spassarsela tranquillamente nella loro tanto amata Reggia, non un soldo è uscito dalle loro tasche per contribuire al benessere della loro Nazione."

Non voglio pressarlo troppo, questo argomento sembra già turbarlo parecchio; ma son costretto a farlo. 

d- "Se non sbaglio, anche lei ha nobili origini, dico bene?" 

r- "Si, si è così. Quando maledico il nome di quella Reggia è proprio perché ho ben presente come sia la vita in quel posto. Da giovane non potevo certo rendermene conto, ma crescendo ho capito… I lussuosi divertimenti di Versailles non hanno niente a che vedere con ciò che c'è di più vero e di più caro al benessere dell'animo umano." 

d- "Cosa intende dire?" Il marchese storce un po' il naso, come se non capisse l'origine e le motivazioni che hanno scaturito mia tale domanda. Ma con tono gentile, mi sorride dicendo

r- "La libertà. Per questo la nostra città sembra così caotica. Stiamo avendo dei contrattempi, ne sono consapevole, anzi, ne sono la prova, ma chi ben comincia è sicuramente a metà dell'opera." 

"Buonaparte dei problemi sono già stati risolti dopotutto." gli sorrido inconsciamente; spero che si ricordi le mie parole in un breve futuro.

d- "Non è la prima volta che combatte per la libertà, dico bene? Specialmente contro i soprusi di un monarca." 

r- "Esattamente" mi conferma prima di iniziare il proprio racconto

"È noto il fatto che non molti anni fa mi recai nelle colonie britanniche alla ricerca di quella sconsiderata fortuna che i viaggiatori vanno cercando, e mi imbattei così in un popolo allo stremo delle proprie forze. Mi venne raccontato ciò che stava succedendo in quei luoghi: i rifugiati provenienti dalla grande isola Britannica si erano ritrovati vincolati dalla loro stessa madrepatria la quale limitava la loro libertà con scandalose tasse e non indifferenti divieti. Le colonie non potevano commerciare con nessun'altra Nazione al di fuori dell'Isola, ma quando essa decise di smettere di commerciare carichi di tè con i coloni, essi non avrebbero avuto la possibilità di agire in nessuno modo.

Ma qualcosa hanno provato a fare: nonostante le varie proposte fatte al Re d'Inghilterra al fine di favorire un più giusto ed efficiente sistema politico e commerciale per entrambe le parti, egli non voleva proprio saperne di moderare i toni con le colonie: è per questo che scoppiò la rivoluzione. Quei pazzi… " sorride lievemente il generale probabilmente ricordando i vecchi tempi, "Hanno fatto fuori un bel carico di tè per questo; avresti potuto abbeverarci una famiglia per decenni interi! "

d- "Si riferisce a quello che sui giornali viene chiamato il "Boston Tea Party" del '73?" domando a lui sorridendo. 

r- "E che festa gli hanno fatto agli inglesi! Ah! Ben gli sta, non se ne poteva più di tutte le loro strane manie anglosassoni."

Il mio interlocutore prende così un altro paio di sorsi dal suo bicchiere; in poco tempo torna di nuovo a parlar seriamente.  Il suo volto si oscura leggermente, ma nemmeno l'alcool gli avrebbe tolto quella sua parlantina. 

r- "Che sia chiaro, la situazione era molto più complessa. Le casse di tè non sono altro che un mero simbolo di tutto quel gran trambusto." 

Fine seconda parte

Scritto dall'allievo Marco Ciardini

Allievo: Marco Ciardini

Intervista aGilbert du Motier de La Fayette

Classe: 4 C Arti Figurative 

referente: prof.ssa Valentina Noccioli

anno scolastico: 2021/22


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