Meneceo saluta Epicuro scritto dall'allieva G.Ciardini per la Giornata Mondiale della Filosofia | INFORMART

Introduzione scritta dalla prof.ssa Valentina Noccioli

Da un classico esercizio di scrittura filosofica, dove si chiedeva di rielaborare il materiale di studio in forma personale, G. Ciardini ha utilizzato la sua vena creativa calandosi con simpatia nei panni di Meneceo.

Con stile sciolto e brillante ha risposto, così, alla lettera di suo padre Epicuro (Lettera sulla felicità), dicendogli che i suoi consigli non sono stati convincenti e che da poco ha incontrato un anziano signore, “dall'aria un po' turbata e lo sguardo assente”, il quale racconta di essere stato in Oriente con Alessandro Magno...

Poiché “l’anima non pensa mai senza immagini”, come diceva Aristotele, G. ha corredato il testo con l’illustrazione. 

Meneceo saluta Epicuro,

e ti ringrazia per questa tua lettera: grazie, infatti, di avermi dato l'opportunità di parlarti senza che tu mi metta a tacere ancora prima di aprir bocca (so bene quanto ci tieni farti seguire parola per parola dai tuoi seguaci) e di condividere con te quella che è la verità.

O almeno, come a me appare.

Devi sapere che non molto tempo fa ho incontrato un anziano signore, dall'aria un po' turbata e lo sguardo assente. Inizialmente lo avevo giudicato, sì, ma non appena ha aperto bocca il mio mondo si è illuminato, tutto ha acquisito un vero significato!

Mi disse che aveva una scuola nella nostra amata città, e non esitai nemmeno un secondo a decidere di frequentarla. Com'era sbagliato e privo di logica il mio pensiero prima di allora!

Ti esporrò questo pensiero rispondendo alla tua lettera:

Per prima cosa, tu dici che gli dei, che dovrebbero vegliare su di noi, in realtà non ci considerano, e perciò, che non dovremmo temere il loro cosiddetto giudizio.

Ma come puoi esser sicuro che essi non ci considerano?

Quando l'altro giorno ho pregato Atena di aiutarmi a scrivere la tesi, lei mi ha concesso il dono dell'inventiva; ma tutti pensavano che fosse solo opera mia.

Quando, tempo fa, io ed il mio amico Gabriele assistemmo ad un violento temporale, con tanto di fulmini e saette, lui sosteneva che fosse la rabbia di Zeus; ma per me era stato solo un forte temporale.

Tu sostieni che per raggiungere la felicità sia necessaria la fuga dal dolore, la lontananza dai quei piaceri innaturali, non necessari, quelli che ci portano a desiderare ancora, e ancora di più, senza mai soddisfarci veramente.

Sostieni che la ragione debba guidare l'uomo a scegliere così solo quei piaceri necessari al nostro corpo, e che si può, e che si deve, vivere felicemente di questo. Dici che per raggiungere la felicità l'uomo saggio deve praticare l'atarassia, senza lasciarsi così turbare da ciò che gli accade.

Ma la felicità, caro padre, sarà pure questo, ma è anche molto più.

Per raggiungere davvero felicità dobbiamo lasciar perdere ogni sorta di lusso, rinunciare a tutto ciò che non ci occorre veramente, il completo distacco dal dolore e dalle emozioni, da tutto quello che possa turbare la nostra anima; così la morte non ci appare più nemmeno così spaventosa, non è vero?

Mi spiegherò meglio: ogni essere umano è dotato di sensi, dai quali percepisce i fatti e gli avvenimenti circostanti. Tali fatti e avvenimenti vengono elaborati nella propria mente, i quali vengono sottoposti al nostro personale e soggettivo giudizio.

Tu mi scrivi “Meneceo, una sicura conoscenza è che”: no padre, non si può esser mai veramente sicuri.

Per il servo Abele la vita è terribile, piena di disgrazie e di menzogne; per il nobile Contello, la vita è un gioco, una barzelletta, un buffet al circolo nobiliare.

E chi dei due ha ragione su cosa sia la vita?

Entrambi hanno ragione. Tutti e due hanno torto. Per me la vita è stata terribile come quella di Abele tutto questo tempo, e più sublime di quella di Contello da quando ho conosciuto il maestro Pirrone.

La verità, l'oggettività, la conoscenza comune...fandonie. Menzogne.

Come si può mai ricavare un principio stabile, universale e inequivocabile per ogni essere umano? Una verità che vada bene per tutti, in ogni circostanza e persona, nonostante la propria morale. Una realtà che tutti possono comprendere in ugual modo.

Ci sarà sempre qualcuno che non sarà mai d'accordo. E se la realtà è così relativa, non ci resta altro che sospendere il giudizio.

Meneceo saluta Epicuro.

Scritto dall'allieva G. Ciardini (classe V C Pisa)
per la Giornata Mondiale della Filosofia

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