INQUADRARSI, trying to frame our-self di Roxana Sonia Gabriela Lenziardi Noian, classe 5 A design, a.s.20/21 | PISA

INquadrARSI, trying to frame our-self

“Non si dovrebbero lasciare specchi appesi nelle proprie stanze più di quanto si debbano lasciare in giro libretti di assegni aperti o lettere in cui si confessano orrendi delitti”.

Ed è così che Virginia Woolf inizia a raccontarci di come la vita tranquilla di una donna è sconvolta da uno specchio qualunque: la voce di ciò che è effimero e mortale, andava e veniva come un respiro umano, mentre nello specchio le cose cessavano di respirare e rimanevano immobili nel rapimento dell’immortalità.

Il racconto attribuisce a un normale specchio uno sguardo capace di verità: costringe la vita dispersa e distratta a fermarsi e definirsi, strappandola così al flusso inarrestabile di tutto ciò che deve morire.

Perchè allora la scrittrice ci mette in guardia dagli specchi?

Un cane allo specchio crede di avere di fronte un altro cane, un uomo invece dice “quello sono io”: c’è una voce capace di superare ciò che sta sulla superficie dello specchio, un io che sa che quello che vede è sì lui stesso, ma non tutto lui stesso. 


Un dramma che si consuma ogni mattina, quando la superficie riflettente diventa strumento di tortura che rivela la distanza tra ciò che si è o si vorrebbe essere. Lo specchio, riflettendo, ci ricorda che la vita “evidente” (che vediamo) è solo parziale: c’è molto di più, un di più che sfugge non solo agli altri, ma persino a noi stessi.


Vorremmo mettere le mani dentro lo specchio per modificarci: dagli occhi alla famiglia, dal naso al lavoro, dai capelli a quella fragilità... Si vorrebbe allora una risposta al “perchè io sono così”, “perchè proprio io”, “perché proprio a me”.

Anche la protagonista di “The Lady in the Looking Glass”, è una donna conosciuta da molti, ma della quale nessuno sa la verità perchè è proprio lei che non vuole essere conosciuta. E sarà proprio uno specchio in una stanza ad esserle fatale.

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Nella Grecia arcaica all’uomo era vietato usare lo specchio, questo era simbolo di debolezza. Quello che l'uomo è non ha bisogno di modifiche o di maschere, è evidente agli occhi di tutti. Il primo che invitò gli uomini a guardarsi allo specchio fu Socrate, per spingere gli allievi a considerare il proprio aspetto come domanda filosofica: 

Riflettersi per Riflettere, per dare una voce all’anima che sa che non siamo solo ciò che traspare.

Raramente usiamo lo specchio per questo scopo, per riflettere su chi realmente siamo, invece ci specchiamo per sapere come ci vedono gli altri:

siamo accettabili? Amabili? Attraenti?

INQUADRARSI: IL VIDEO 

Gli specchi che ho inserito in questa mostra non hanno il semplice scopo di riportare l’immagine di noi stessi, ma di scomporla, e ricomporla diversamente, per far si che chi si sta specchiando cerchi con impegno di capire chi è, e di trovare il modo per ricreare la loro immagine dopo che questa è stata “aperta” e fatta a pezzi.

Scritto e realizzato da 

Roxana Sonia Gabriela Lenziardi Noian

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