Lo Studio Gennai riapre i battenti dopo la chiusura causata dal Covid-19 ed ospita 4+2+2. L'urto del tempo, una performance di Elisa De Luca, la giovane artista pisana che la nostra rivista d'arte in digitale ha intervistato per le lettrici ed i lettori di Cactus 2.0.
Pisa alle 19 in Via San Bernardo, 6 riabbraccia l'Arte e lo fa con un'artista nata proprio al Franco Russoli di Via San Frediano, trampolino per una carriera internazionale di spessore.
Buona lettura.
d- Al centro delle performances di Elisa De Luca c'è il rapporto spazio tempo. Come vivi questa mescolanza, aggiungendo l'Arte come flusso catalizzatore di energie?
r- L'Arte è il nucleo centrale attraverso cui passa la lettura di un'epoca. In un secolo come questo e come quello che lo ha preceduto, contrassegnati dal rapido sviluppo tecnologico, dalle scoperte in campo scientifico e dai mutamenti della società, l'Arte rimane un punto fermo a cui aggrapparsi per poter esprimere le proprie idee e sentimenti.
d- Le masse e l'individuo, due facce della stessa medaglia in questa società fin troppo digitale e spesso virtuale. 4+4+2, ossia l'infinito, potrebbe rappresentare una degna alternativa alla monotonia scandita dal tempo, capace di scorrere inesorabilmente?
r- A proposito di masse e d'individuo in questa "società digitale" e fin troppo "virtuale" mi viene in mente Zygmunt Bauman il quale ritiene che «La vita liquida è, insomma, una vita precaria, vissuta in condizioni di continua incertezza. Le preoccupazioni più acute e ostinate che l'affliggono nascono dal timore di esser colti alla sprovvista, di non riuscire a tenere il passo di avvenimenti che si muovono velocemente, di rimanere indietro». Rispetto alla "monotonia" di questa vita penso che l'antidoto più efficace sia la meraviglia. C'è uno scritto di Marcello Fois che mi preme ricordare a proposito di questo: «Al nostro tempo contrapponete l'immenso. Ladri d'aura. Siate per sempre giovani e inesperti ma con qualche millennio di storia a cui fare riferimento. Non vi si prenda in giro, non vi si meni per il naso. Siate una macchina del sogno e mimate l'infinito permanente. Siate, per sempre, meravigliati».
d- La danza è una forma d'arte unica ed elevata. La percezione della vita cambia ed assume dei tratti capaci di dare nuova luce alle giornate. I passi non vengono mai dalle mie gambe?
r- Per me è proprio così! Curt Sachs scrisse: «La danza è la madre di tutte le arti. La musica e la poesia esistono nel tempo; la pittura e l’architettura nello spazio. Ma la danza vive contemporaneamente nel tempo e nello spazio. Prima di affidare le sue emozioni alla pietra, al suono, l’uomo si serve del suo corpo per organizzare lo spazio e ritmare il tempo». Quando si danza la percezione del proprio corpo, dello spazio e del tempo mutano. Si diventa incredibilmente sensibili ed ogni senso viene amplificato. «I passi non vengono mai dalle mie gambe» diceva Pina Bausch sostenendo che la danza nasce sempre da qualcosa che si muove sotto, in profondità e che poi prende forma attraverso il movimento e modella la forma del corpo. Così è anche per me.
d- Hai vissuto come alunna dell'Isa Franco Russoli, come allieva del serale amatoriale e come docente. Potresti raccontare alle lettrici ed ai lettori di Cactus queste fasi della tua vita artistica ed interiore all'ombra della Torre Pendente prima di raggiungere l'Accademia di Firenze?
r- Ne è passato di tempo da quando ero una studentessa dell'Istituto Statale d'Arte "F. Russoli" di Pisa! Sono stati gli anni più belli dei miei 36 anni di vita! Quante cose ho imparato da docenti memorabili, quanti amori ed amicizie indimenticabili ed uniche! Quando mi ritrovai a dover scegliere che scuola superiore frequentare non fu semplice perché da una parte ero molto determinata nell'intraprendere studi di tipo artistico, ma dall'altra parte molti luoghi comuni infangavano il nome dell'allora "I.S.A." Si diceva fosse la scuola dove andava chi non aveva voglia di studiare e questo mi addolorava e mi rendeva perplessa sull'intraprendere quel tipo di scelta, ma una volta varcate le porte di quella scuola capii che erano i soliti luoghi comuni. Certo, anche in quella scuola, così come nei Licei ed in monti altri Istituti scolastici c'era chi aveva più o meno voglia di fare, ma se si era ben intenzionati a studiare si aveva modo di imparare moltissimo e così è stato per me!
A conclusione di quel percorso di studi m'iscrissi all'Università, dove oltre a conseguire la Laurea triennale in Cinema, Musica e Teatro ebbi modo di frequentare un corso biennale di Fotografia sempre attraverso i canali universitari. Tantissime altre esperienze professionali e di formazione accaddero prima del mio ritorno a scuola come allieva del corso serale di Grafica condotto dal Prof. Aldo Filippi. Fu un corso molto utile perché mi permise di apprendere le basi di quella materia e di poterla approfondire successivamente durante il biennio specialistico accademico.
Approdai all'Accademia di Belle Arti di Firenze nell'Anno Accademico 2017/2018 perché maturai in quegli anni il desiderio di diventare docente. Così eccomi qua impegnata nello studio per la preparazione del Concorso Ordinario della scuola e chissà... "Io speriamo che me la cavo".
d- L’urto del tempo e la variegata quotidianità sono le basi di questa rappresentazione. Come nasce la tua visione del tempo e soprattutto cosa manca, a tuo avviso, per uscire dalla gabbia dello schema "il tempo è denaro"?
r- L'interrogativo che ha mosso l'elaborazione del lavoro performativo nasce proprio dalla riflessione su come oggi il corpo possa collocarsi in un mondo in cui il tempo è talmente velocizzato da annientarsi, determinando sempre più l'assenza e la mancanza dell'abitare il luogo in cui viviamo, nel senso di «esser contento, avere la pace, rimanere in essa», come scriveva Martin Heidegger. Questa pace è ostacolata anche dalla continua esposizione del nostro corpo, una delle tante concause che l'accelerazione tecnologica e gli strumenti che ci ha fornito e l'utilizzo che ne facciamo non fanno altro che fomentare. Non pretendo di dare risposte definitive né tanto meno di esprimere giudizi negativi assolutisti sulla tecnologia che in passato, oggi e sicuramente in futuro continuerà ad offrirci opportunità di miglioramento della nostra esistenza, ma nutro profonde perplessità sull'utilizzo che di essa si fa ed in particolar modo sull'appropriazione che ne ha fatto il mondo economico per trarne sempre maggior vantaggi e guadagni riformulando valori umani fondati soltanto sull'etica del profitto. Questo ha indubbiamente generato paradossi ed infranto norme e forme di relazioni sociali precedentemente basate su un'etica che nulla aveva a che fare con le nuove forme di alienazione in cui perfino "l'anima è asservita al lavoro". Non basta infatti aver preso coscienza dell'indubbia mutazione avvenuta al mondo ed all'umanità contemporanea, è indispensabile aggiornare i valori, i principi e le norme etiche ai cambiamenti in atto per contrastare i pericoli e gli inganni di una sottomissione della vita, nel suo complesso, da parte dei mercati e della logica del profitto, cercando di cogliere le opportunità che scaturiscono da un uso diverso della tecnologia e dei «[...] cambiamenti vertiginosi, con l'immensità dei nuovi orizzonti che ci ricordano, volente o nolente che siamo fatti della stessa sostanza dei sogni».
d- Arte, danza e Covid 19. Come hai vissuto questa assenza forzata dai palcoscenici e come vive l'artista questo distacco dalle masse?
r- Non è stato semplice affrontare tutto questo, ma i periodi di forte crisi sono momenti "unici" in cui si comprende di che "pasta siamo fatti" sia noi che tutti coloro che ci circondano. Serve tutto, anche la sofferenza. Questo distacco forzato, dalla vita oserei dire, è necessario per ripensarla, per focalizzare quello che davvero ci preme e quello che è bene lasciarci alle spalle senza rimpianti.
d- La Human bench, che ha visto nel 2018 la partecipazione tra i performer anche della prof.ssa Giorgia Alderuccio, in servizio presso il Liceo Russoli durante questa maledetta pandemia, cosa vi ha lasciato dentro e cosa ha comunicato all'esterno?
r - La Panchina umana (Human bench) è stata un'esperienza molto bella, formativa, emozionante, forte sia per me che per tutte e tutti coloro che ne hanno preso parte. La Prof.ssa Giorgia Alderuccio, che è una grande Artista poliedrica ed umile, scrisse versi bellissimi su quell'esperienza e partecipò alla performance a Pisa e a Firenze. Con lei e con ciascuno di loro condivido l'amicizia e l'amore per la danza, per l'Arte ed una visione della vita che ci accomuna.
Questa esperienza mi ha lasciato dentro molta umanità, preziosi insegnamenti, in particolar modo della mia "guru" l'Artista e Prof.ssa Raffaella Nappo cui devo molto, moltissimo di quello che sono oggi. Mi ha lasciato ricordi indelebili di risate, di fiumi di parole su quello che stavamo facendo, mi ha permesso di stringere ulteriormente questi legami di amicizia e la sensazione magica che al di là di ogni difficoltà con determinazione, perseveranza, sacrificio ed amore si arriva sempre a realizzare ciò in cui si crede.
All'esterno ha comunicato meraviglia, stupore, semplicità ed ingegno al tempo stesso e mi auguro che abbia permesso a chi ha assistito a quella vaporosa panchina che giovani donne e uomini formavano e scioglievano come fossero una nuvola, di riflettere sulle tematiche che la performance affronta.
d- Gli otto minuti "esoterici", legati da un cordone ombelicale ancestrale, cosa vorrebbero creare oggi 25 luglio, presso lo Studio Gennai, lo spazio d'arte contemporanea cittadino?
r- Bella domanda! Non saprei o forse sì! In quegli otto minuti accadrà inevitabilmente qualcosa di magico, un sorriso, un ammiccare, cose "piccole", "sottili"... Cose di cui spesso ci dimentichiamo... Cose che hanno a che fare con l'umanità, con la vita.
d- ”Fermarsi significa: durare, restare fermo, arrestarsi e dimorare in sé, restare dunque in quiete, scrisse Martin Heidegger, mentre Goethe disse in un bel verso: il violino stacca, il ballerino si ferma. Nel momento in cui il ballerino si arresta nel movimento, si accorge di tutto lo spazio. E questo momento di esitazione è la condizione perché inizi una danza completamente diversa.” Elisa De Luca cosa e come replica?
r - Come disse Ilir Shaqiri «La danza è una poesia dove ogni movimento è una parola», ma ci sono parole altrettanto poetiche e sottili anche quando i movimenti apparentemente si arrestano. Esiste un mondo sottile, quasi impercettibile dove ogni cosa danza. Trovo che queste parole di Martin Heidegger siano in un certo senso il manifesto di questa performance e di molti altri lavori affrontati in questi anni.
d- Infine, la redazione di Cactus fa i migliori "in bocca al lupo" per la tua carriera, certi che solo il tempo potrà essere, paradossalmente, l'unico vero protagonista delle nostre esistenze. Cosa consigli alle allieve e agli allievi del Russoli per il futuro?
r- Grazie a tutta la redazione di Cactus 2.0 per gli auguri e per l'attenzione che mi avete dedicato e per le interessanti domande che mi avete posto. Viva il lupo! Proprio così «Desiderando e agendo nella direzione dei nostri desideri, creiamo il tempo, viviamo e il mondo - o ciò che noi chiamiamo così - si costruisce sotto i nostri occhi», trovo che queste parole di Jean Marie Guyau accompagnino perfettamente quanto ben avete espresso riguardo al "vero protagonista delle nostre esistenze", il tempo.
Alle allieve e agli allievi del Russoli e ad ogni altra lettrice e altro lettore consiglio quello che ripeto sempre alle mie allieve ed allievi di danza durante le faticose prove prima di andare in scena: se fai un brutto lavoro con leggerezza, poi la leggerezza scompare e rimane un brutto lavoro. Se fai un buon lavoro con fatica, poi la fatica scompare e rimane un buon lavoro.
Elisa De Luca, nasce a Pisa nel 1984.
Comincia le prime esperienze di studio della danza all’età di tre anni nella sua città natale. Durante gli anni di studio ha modo di perfezionare differenti tecniche: tecnica accademica, moderna e contemporanea partecipando a numerose lezioni, seminari e tirocini con prestigiosi maestri nostrani e stranieri.
Si diploma con il massimo dei voti presso l’Istituto Statale d’Arte “Franco Russoli” di Pisa, indirizzo Pittura e decorazione pittorica e si laurea presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Pisa, al corso di laurea Cinema, Musica e Teatro, indirizzo Cinema ed immagine elettronica, discutendo la tesi su un personale progetto coreografico sviluppato durante la sua permanenza presso il Conservatori Superior de Dansa de Barcelona, Institut del Teatre (Barcellona, Spagna), dove ha svolto un tirocinio professionalizzante (Progetto Est-Ovest - I Mestieri della Cultura) con affermati docenti, coreografi e compagnie di fama internazionale.
Danzatrice professionista ed insegnante di danza è stata interprete negli spettacoli Cenerentola, una storia ancora attuale con la regia e la partecipazione di Lindsay Kemp; interprete in Esodi di Virgilio Sieni; interprete nel Progetto Arno a cura del Collettivo Fosca. Nel febbraio 2017 si reca a Manhattan (New York, USA), dove ha modo di confrontarsi con alcuni dei più affermati ballerini e coreografi della cultura Hip Hop, in seguito alla conclusione del percorso triennale di Alta Formazione in Danze Urbane, del NOHA (Nation Of Human Arts, direzione artistica Marisa Ragazzo ed Omid Ighani), svolto presso l’Opus Ballet (Firenze).
Supera l’esame di ammissione e si iscrive al biennio specialistico in Arti visive e nuovi linguaggi espressivi (Pittura), presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze nell’Anno Accademico 2017/2018.
Nell’estate 2018 crea e realizza insieme ad un gruppo di allieve ed allievi (Giorgia Alderuccio, Luca Benvenuto, Margherita Calderisi, Veronica Facente, Veronica Huerta Garcia, Chiara Lombardo, Florilda Miloti, Ilaria Sabatini, Fabiana Ubinha Almeida), la Panchina umana (Human bench), una performance che verrà eseguita in Via Palestro a Pisa (iPazzi Factory), in Via De’ Martelli, Piazza del Duomo e Piazza della Signoria a Firenze (Progetto CANTIERI).
Nell’Anno Accademico 2018/2019 discute la tesi indagando (sempre attraverso il linguaggio del corpo), la tematica dell’accelerazione del tempo nella società contemporanea e le molteplici problematiche che questa “atomizzazione temporale” scaturisce in ognuno di noi e nella natura.
In copertina: allestimento di 4+2+2. L’urto del tempo di Elisa De Luca e di La pittura e la calligrafia cinese realizzate in video mapping di Jia Tian Tian, presso Accademia di Belle Arti di Firenze.
Per informazioni e prenotazioni:
studiogennai@yahoo.it
https://www.studiogennai.it/
https://liceoartisticorussoli.edu.it/422-lurto-del-tempo-performance-di-elisa-de-luca-25-luglio-2020-ore-19-presso-studio-gennai-a-pisa/
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